lunedì 31 agosto 2015

Morte nei campi, pensiamoci ogni giorno quando facciamo la spesa - Piombo nei noodles, e ora l'India denuncia la Nestlè - Food Film Fest: cinema e cibo da gustare

Morte nei campi, pensiamoci ogni giorno 
quando facciamo la spesa
 
«La morte per fatica e per caldo di qualcuno di loro ci porta, occasionalmente, a “scoprire” che in Italia lavorano nei campi, per un salario offensivo, circa quattrocentomila stagionali, in buona parte stranieri, reclutanti e taglieggiati dai cosiddetti caporali»
Riprendiamo più che volentieri L’amaca di ieri (23 agosto, la trovate qui per intero), commento quotidiano di Michele Serra su La Repubblica: ci ha colpiti molto, sia per la forma (impeccabile), sia (e soprattutto) per i contenuti. Condividiamo in toto il suo pensiero e non possiamo che richiamare ancora la vostra attenzione su questo tema per incoraggiarvi e sostenere un altro tipo di agricoltura, che rispetti la terra e chi quella terra la lavora. Perché, come ben dice Serra: «Noi fighetti che passiamo la giornata al computer siamo sfamati, letteralmente, dai braccianti dei quali ci occupiamo solo quando schiattano sotto il sole».
Pensiamoci ogni giorno, non solo quando la cronaca ci ricorda che si muore di fatica, sotto il sole e per una miseria. Trasformiamo l’indignazione in azione, impariamo a conoscere che cosa mangiamo, capiamo da dove arriva, come è stato prodotto, da chi. Riappropriamoci di un rapporto che ci è stato sottratto e che invece dovremmo rivendicare come diritto.
È vero che è «Facile in materia fare del moralismo, più difficile intervenire data l’entità del fenomeno, la disperazione (degli sfruttati) e la tracotante impunità (degli sfruttatori)», ma non aspettiamo che qualcun altro prenda l’iniziativa. Pensiamoci noi, ogni giorno, quando facciamo la spesa.

A Lecce, l’associazione Arci Miele vi propone il suo Orto Comune, iniziativa inserito nel più ampio progetto di Gruppo di Acquisto e Produzione accompagnato dal piano Social Coin. In pratica si può aderire all’Orto Comune sia come semplici acquirenti, oppure aderendo appunto al piano Social Coin che prevede la partecipazioni ai lavori dell’Orto Comune: dalla pulizia del terreno alla raccolta, fino alla trasformazione dei frutti dell’orto, come la preparazione della salsa, delle marmellate, dei liquori oppure la raccolta di erbe e prodotti spontanei. Chi aderisce al piano Social Coin accumula un monte ore che si trasformano in crediti, utilizzabili per acquistare prodotti o partecipare alle varie attività dell’associazione. Insomma una bella formula per una banca del tempo che vi assicura frutti freschi e di stagione.
Maggiori info qui:
Phone (+39) 388 44 74 496
www.naturamediterranea.it
Arci Miele su FaceBook

A Foggia segnaliamo il Laboratorio di Legalità Francesco Marcone (dedicato al direttore dell’Ufficio del Registro di Foggia ucciso dalla mafia il 31 marzo del 1995) nato per iniziativa di Libera Foggia su un terreno confiscato alla criminalità organizzata e assegnato nel 2010 alla Cooperativa Sociale Pietra di Scartodi Cerignola (Fg). Il progetto di riuso sociale di questo bene confiscato prevede la conversione del terreno al biologico; l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate in collaborazione con realtà sociali del territorio; la realizzazione di attività di educazione alla legalità utili al territorio. Tra le varie colture, anche quella di pomodori che coinvolge i numerosi immigrati residenti zona. L’obiettivo è comune e condiviso: diffondere un diverso modo di intendere l’agricoltura, lontani dalle logiche dello sfruttamento e del caporalato. I prodotti riportano il marchio  “Solidale italiano”. Info sul Laboratorio Francesco Marcone qui. Qui il sito della cooperativa Pietro di Scarto (in allestimento) e qui potete acquistarne i prodotti 

Altro bel progetto che ci fa piacere segnalarvi è Sfruttamento Zero una raccolta fondi mirata a finanziare i costi iniziali di una intera filiera produttiva pulita: materie prime per la coltivazione o per l’acquisto del pomodoro, attrezzature per la fase di trasformazione con l’apposito allestimento degli spazi di conservazione. L’idea è quella di lavorare non solo per realizzare un prodotto genuino, ma soprattutto dimostrare che una filiera produttiva pulita a sfruttamento zero è possibile. Un progetto nel quale sono stati coinvolti migranti e precari con l’ulteriore obiettivo di combattere il caporalato. La raccolta fondi sta per chiudersi (questa è l’ultima settimana) una buona occasione per dare una mano. Tutti i riferimenti qui www.produzionidalbasso.com/project/sfruttazero-autoproduzioni-fuori-mercato/

In Calabria invece è il gruppo Goel (progetto che mira al cambiamento della Locride e della Calabria nell’affermazione piena della libertà, della democrazia, della sussidiarietà, della giustizia sociale ed economica, del rispetto dei diritti delle persone e fasce sociali più deboli e marginali, del bene comune delle comunità locali e dei territori)  che ha deciso di scendere in campo a fianco degli agricoltori della Locride e della Piana di Gioia Tauro, che producono soprattutto arance e olio extra vergine di oliva biologici e hanno dato vita al consorzio GOEL BIO. Trovate info sull’inziativa e lo shop on line su www.goel.coop/bio


Piombo nei noodles, e ora l'India denuncia la Nestlè

Avete presente i Maggi Noodles? Quegli spaghetti istantanei della Nestlè aromatizzati in vario modo che in due minuti promettono di assicurarvi un pasto completo e salutare. Ognuno libero di deliziare il proprio palato come preferisce, sappiate però che tra quelli distribuiti in India (tra i maggiori consumatori) è stato trovato un ingrediente segreto: il piombo. Un “incidente” che ha messo sul chi va là anche i paesi confinanti come Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka. Naturalmente ci si interroga sugli standard di sicurezza degli alimenti confezionati e trasformati dalla arci nota multinazionale svizzera nel paese.
Sembra più che lampante la difficoltà di sviluppare catene di rifornimento affidabili: tutte le principali aziende alimentari internazionali dichiarano far riferimento a fornitori di fiducia, e allo stesso tempo la maggior parte riconosce che gli stessi fornitori spesso si rivolgono a loro volta ad altri che poi subappaltano e così via.
Naturalmente la versione ufficiale è si fa il possibile per verificare: Nestlè India dichiara di fare numerosi test e controlli elettronici non solo nel processo di elaborazione e confezione ma anche nelle fasi di approvvigionamento. I sistemi di controllo Wal-Mart (grossista in India) respingono ogni giorno il 10-11 per cento dei prodotti. McDonald ha importato le sue patatine fritte dagli Stati Uniti fino a circa sette anni fa, ora si rivolge al mercato indiano: non tutti gli ingredienti possono essere facilmente importati e non dimentichiamo che per far profitto come si deve bisogna mantenere bassi i costi… Il risultato (oltre a un rischio serio per la salute dei consumatori) è che il Governo indiano ha vietato la vendita dei Maggi, mentre la Nestlè continua a dichiarare che il suo prodotto è sano ma intanto ritira dagli scaffali indiani 27.400 tonnellate dei suoi spaghettini.
Per tutta risposta, il Dipartimento per la tutela dei consumatori ha chiamato in causa l’azienda svizzera con l’accusa di concorrenza sleale e di aver danneggiato la salute dei consumatori attraverso pubblicità dei ingannevole. Lo spot che promuove i Maggi recita infatti: “Health is enjoyable” (letteralmente la salute è piacevole). Non ci fosse di mezzo davvero il benessere dei consumatori ci scapperebbe da ridere.
Inoltre pare che un tipo di spaghetti istantanei i Maggi Oat Noodles (all’avena) non siano stati approvati dall’autorità indiana per la sicurezza alimentare, il Food Safety and Standards Authority of India (Fssai).
Nestè India dice che non hanno ricevuto nessuna notifica della denuncia: «Daremo una risposta quando riceveremo la documentazione ufficiale».
Intanto lasceremmo perdere almeno per il momento questi spaghettini; sembrano un po’ pesanti.


Food Film Fest: cinema e cibo da gustare


da Martedi 15 al Domenica 20 settembre al Quadriportico del Sentierone e Domus di Piazza Dante
Martedì 15 settembre in Piazza Dante a Bergamo inaugura la seconda edizione del Festival Internazionale Cinematografico dedicato al mondo del cibo.
Promosso dall’ Associazione Montagna Italia e dalla Camera di Commercio di Bergamo, il Festival ha raccolto oltre 100 film da 28 nazioni grazie ad un concorso cinematografico che, nell’anno di EXPO, offre al pubblico la possibilità di viaggiare per il mondo attraverso le tavole di tutte le culture e scoprire tradizioni, produzioni, coltivazioni e tecnologie nel campo alimentare.
I film selezionati dalla Direzione Artistica concorrono per il primo premio e verranno mostrati al pubblico nelle serate del festival presso il Quadriportico del Sentierone a Bergamo ad ingresso libero.
Al termine delle proiezioni, spazio alle degustazioni di eccellenze locali presso la DOMUS di Piazza Dante, grazie alla collaborazione dei produttori di Coldiretti Bergamo.
Sabato 19 settembre alle ore 20.45 si terrà la Cerimonia di Premiazione dei vincitori di questo contest cinematografico, unico in Italia.

I Finalisti:


Prima di ogni serata e cioè alle ore 18,30 alla Domus Bergamo, le tre Condotte bergamasche di Slow Food organizzano una serie di Laboratori del Gusto sul tema del film della serata: Carne, Semi, Formaggi, Barolo, Cioccolato.





giovedì 27 agosto 2015

Presidio #8: Carpione del lago di Garda

Carpione del lago di Garda


Il carpione (Salmo trutta carpio) è un salmonide che vive solo nel lago di Garda e appartiene alla numerosa famiglia dei salmoni, delle trote e dei salmerini.

DOVE: Lo troviamo nel Lago di Garda (province di Brescia, Trento e Verona)

COME: Per meglio dire, viveva in grandi quantità fino agli anni Settanta nelle acque più profonde del lago, a 200 metri addirittura. Da questi abissi lacustri risaliva in alcuni periodi dell’anno, per la frega, cioè per la riproduzione: in luglio, agosto e in dicembre, gennaio. Ricercava le zone del lago più adatte (le freghe, appunto) dove i fondali erano puliti e ghiaiosi, con rilievi utili alle femmine per sfregarsi e quindi per spargere le uova, che poi i maschi ricoprivano con il loro seme e fecondavano. Si pescavano con due reti diverse: una rete di profondità che si calava e si salpava dalle barche, il reù; e una rete che si calava in acqua ma che si trascinava poi dalla riva (il reèt). La rete doveva essere adagiata lentamente ma esattamente lungo le strisce di frega sui fondali e, per calcolare esattamente posizione e distanze, un pescatore gesticolava dalla riva, aiutandosi con il cappello, fino a quando la barca a remi – la bissa – non era perfettamente allineata lungo la frega. Per fare questo lavoro occorreva la forza di molti pescatori che tiravano tutti insieme. Oggi il pescato di un giorno si recupera, invece, quando va bene nell’arco di un anno. E il carpione è diventato un mito, una chimera. Ogni tanto un esemplare incappa casualmente in un volandino per la pesca dei coregoni e allora si può gustare questo pesce straordinario. Ma ci sono giovani pescatori sul lago che non ne hanno mai pescato uno. I vecchi pescatori affermano che i carpioni non si vedranno mai più nel Garda, perché a causa dei cambiamenti climatici l’acqua è più fredda di un tempo.Ma anche perchè la strada che costeggia il lago, la gardesana, non frana più nel lago come un tempo, e quindi non si formano più i canaloni che “ripulivano” le pareti del lago formando habitat utili per la frega; ma soprattutto lamentano che nessuno si è preoccupato di fare il ripopolamento artificiale, come è stato fatto per il coregone.
I ricercatori hanno un altro punto di vista. Il responsabile della scomparsa del carpione secondo loro sono le specie alloctone introdotte nel Garda negli anni passati (il coregone, la trota, il carassio, la carpa, il pesce gatto, il persico, e la pericolosa bottatrice, che si nutre delle uova del carpione): questi pesci sottraggono cibo al carpione; ma non solo, secondo i ricercatori i pescatori hanno pescato troppo senza lasciare ai carpioni il tempo per la riproduzione. In effetti il carpione raggiunge la maturità sessuale a tre anni nel maschio e a quattro nella femmina, nel corso dei quali si nutrono, si muovono nel lago – benchè a grandi profondità – e rischiano quindi la cattura senza avere avuto il tempo di riprodursi.
Si è trattato certo di una concomitanza di fattori, umani e ambientali, che rende oggi molto difficile tornare indietro. Solo la riproduzione artificiale può fare qualcosa, anche se non sarà sufficiente, se non sarà unita a un piano che eviti la sovrapesca.

CARATTERISTICHE: Il carpione è stato inserito nel 2006 nella lista rossa dell’IUCN, come specie a forte rischio di estinzione. La lista rossa registra la biodiversità in pericolo segnalata da una rete di scienziati di tutto il mondo e l’IUCN (International Union for Conservation of Nature) è l’organismo di protezione della natura più antico e autorevole a livello internazionale. Negli anni il carpione ha scalato in negativo la classifica, passando da specie vulnerabile a specie a forte rischio, il passo successivo è “specie estinta in natura”.
A molti turisti del Garda sarà stato proposto il carpione in trattoria, ma ben pochi certamente lo avranno mangiato sul serio vista la similitudine con il salmerino e la trota. Ma chi conosce meglio il pesce del lago, sa bene che il carpione ha coda a rondine (il salmerino ce l’ha diritta, a spatola) e carni più rosate

STAGIONALITA': Si può pescare dalla fine di agosto a metà novembre e da febbraio a giugno; il periodo migliore è ottobre.

PRODUTTORI: Se i carpioni nel lago sono a rischio di estinzione, anche i pescatori, va detto, sono sempre di meno: poco più di un centinaio mentre, a inizio Novecento erano settecento. Resistono soprattutto sul versante veronese del lago, dove esiste una cooperativa che da un paio di anni ha un presidente di nemmeno trent’anni, Omar Simonelli. Mentre sulla sponda bresciana, l’alto lago, si contano una cinquantina di pescatori professionisti. I pescatori sono disponibili a collaborare con gli studiosi che stanno tentando, con grandi difficoltà e pochi fondi, la riproduzione artificiale. L’unica speranza per vedere tornare questo pesce che rappresenta la storia stessa del Garda. Per questo Slow Food ha avviato con loro un Presidio.

Cooperativa agricola fra Pescatori
Garda (Vr)
Via San Bernardo, 137
Tel. 045 6270545
info@coopgarda.it
 
La cooperativa riunisce i 23 pescatori della sponda veronese del lago. Le pratiche di pesca sono tradizionali e non lesive dell’ecosistema: si utilizzano antane e volantino. Non si pescano le specie a rischio durante la riproduzione e si limita il pescato alle richieste del mercato. Il punto vendita è aperto dalle 6.30 alle 12.30 tutti i giorni tranne in inverno quando la domenica è chiuso.

lunedì 24 agosto 2015

Davide sfida ancora Golia: 1800 contadini (avvelenati) chiedono giustizia - Food Porn addio? - Terra Madre Giovani: noi nutriamo il pianeta

Davide sfida ancora Golia: 1800 contadini (avvelenati) chiedono giustizia


La storia ci ha insegnato che l’unione fa la forza. Ma basterà la coesione di 11 villaggi zambiani contro una multinazionale britannica? Si para di nuovo di Davide contro Golia, ma la vittoria non è per niente scontata…
Da una parte c’è la Vedanta (colosso britannico) e la Kcm, sua sussidiaria zambiana che controlla le attività di estrazione e lavorazione del rame nella regione attorno alla città di Chingola. Dall’altra gli abitanti della zona, cioè 1800 contadini che hanno deciso di ricorrere tutti insieme alla giustizia britannica, perché di «avvelenati e uccisi» dalla multinazionale.
«Sono sempre andato al fiume Kafue per prendere l’acqua e l’ho bevuta come al solito. E come sempre ho mangiato il pesce pescato nel fiume. Ma questa volta ho iniziato ad avere forti dolori allo stomaco. Mi hanno dato una medicina, ma il male è peggiorato, poi sono svenuto e mi hanno portato in ospedale. Secondo i medici ho mangiato o bevuto qualcosa di acido che ha causato danni al petto e all’intestino. Il danno è permanente, perciò ora vivo sotto antidolorifici. Tutti qui sono stati colpiti in qualche modo perché tutti usiamo la stessa acqua. Abbiamo provato a bollire e disinfettare l’acqua con il cloro ma puzza ancora di acido», racconta Floribert Kappa, un abitante della zona.
Un report di medici canadesi conferma le testimonianze dei contadini denunciando che i corsi d’acqua e le falde acquifere della zona sono inquinate da acido solforico e altri materiali tossici provenienti dalle attività delle miniere. Vedanta non ha mai fatto nulla per ovviare a questa situazione, mantenendo strutture antiquate e malfunzionanti. Non si può dire, inoltre, che non fossero a conoscenza dei danni che stavano causando: nel 2011, infatti, un’indagine commissionata dalla stessa Kcm dichiarava che le sostanze rilasciate dalla produzione potevano causare tumori e danni agli organi interni e che gli abitanti sarebbero dovuti essere avvertiti.
Ma c’è un problema in più. Il fiume Kafue, che subisce l’inquinamento diretto delle miniere, riversa le sue acque inquinate nello Zambesi, è il principale corso d’acqua del Paese, con conseguenze che potrebbero essere devastanti per tutto lo Zambia.
Una situazione complessa, quindi, la cui soluzione non è affatto immediata: la questione, infatti, non si risolverà prima di tre anni, secondo Martyn Day, l’avvocato che sta raccogliendo tutte le testimonianze degli abitanti per formulare l’accusa contro Vedanta. E tre anni sono davvero troppi per i contadini zambiani che vedono rovinarsi la loro salute e le loro terre.
Quello che ci sconcerta di più è come sia possibile siano ancora permessi abusi simili. E poi ci domandiamo come mai dall’Africa vengono a bussare alle nostre porte.


Food Porn addio?


Smartphone addicted, twittatori incalliti, instagramers o facebookari della prima ora la festa è finita. Dimenticate la soddisfazione di suscitare l’invidia dei vostri amici all’ennesima foto della ventesima portata del vostro ristorantino preferito. Soprattutto se siete in Germania.
La Corte federale tedesca, secondo quanto riportato dal quotidiano Die Velt, ha ampliato la sua definizione di copyright per includere anche «cibo curato in modo elaborato». Ed ecco quindi che i già chef ora sono anche considerati proprietari di copyright per le loro creazioni. Le conseguenze? Senza il permesso dello chef potreste passare qualche guaio se pubblicate sul vostro social network di fiducia le foto dei piatti che vi state per sbaffare. Perché sono proprietà di proprietà del loro creatore, lo chef appunto. Per lo meno l’idea.
Foodporn (finalmente) addio quindi?
Temiamo di no. In realtà l’estensione del diritto di autore si applicherebbe creazioni culinarie complesse, come quelle di un ristorante stellato. Insomma, chi potrebbe vantare la proprietà intellettuale della parmigiana di melanzane? O del super pop Schweinshaxe (stinco di maiale) accompagnato magari da una deliziosa Kartoffelsalat?
E poi diciamocelo, nella maggior parte dei casi (stelle a parte) le foto imbizzarrite che dominano la rete fanno tanto gioco: un passa parola che vale più di tanti spot. E senza spendere un centesimo. Di diverso avviso sono alcuni chef come Alexandre Gauthier de La
Grenouillere, a La Madelaine-sous-Montreuil, in Francia qualche tempo fa ha fatto stampare tanto di simbolo con divieto di macchina fotografica sui suoi menù, per scoraggiare gli avventori. Chissà se servirà. Certo è che ci chiediamo quando tornerà di moda la riservatezza. O anche essere un po’ meno sguaiati…


Terra Madre Giovani: noi nutriamo il pianeta
Proprio quando Expo si preparerà al gran finale, Milano ospiterà un evento alternativo per mostrare al mondo i volti e le storie di chi nutre veramente il pianeta. Slow Food e Slow Food Youth Network lavorano da mesi per dare un’anima all’Esposizione universale e voce ai contadini e produttori di cibo under 40 che rappresentano il nostro futuro.
Tenetevi pronti dunque, perché dal 3 al 6 ottobre, Slow Food porterà a Milano oltre 2000 delegati provenienti da tutto il mondo: giovani agricoltori, pescatori, panettieri, mastri birrai, casari, apicoltori e professionisti del settore agroalimentare, riuniti per discutere sul futuro del cibo e dell’agricoltura e lanciare un messaggio ai potenti della Terra. Perché le persone che sfamano il pianeta rispettando le sue risorse ambientali sono già all’opera ogni giorno, chine sui filari, al largo sulle barche da pesca, per strada con le greggi, o al lavoro in un forno. E soprattutto hanno le idee molto chiare su ciò che nell’attuale sistema alimentare non funziona: malnutrizione e obesità, Ogm e chimica di sintesi, sfruttamento del lavoro e mercificazione del cibo. Abbiamo chiamato tutti a raccolta per un’edizione straordinaria di Terra Madre che abbiamo voluto dedicare a quei giovani che a dispetto di ogni difficoltà hanno scelto il lavoro agricolo come orizzonte di vita.
Tra conferenze, workshop e laboratori, uniti a momenti di divertimento e convivialità, Terra Madre Giovani – We Feed The Planet promette un programma ricchissimo (scopritelo su www.wefeedtheplanet.com). Seguiremo la filiera alimentare in tutte le sue fasi (dalla produzione alla distribuzione e il consumo), affronteremo temi come lo spreco di cibo, la fame, il land grabbing, la gestione delle risorse naturali e le condizioni dei lavoratori.
La cerimonia di apertura si terrà sabato 3 ottobre, accompagnata da una Disco Soup firmata SFYN: un evento tra cibo e musica ideato per sensibilizzare sulla problematica dello spreco alimentare e a cui tutti sono invitati.
Nel corso della tre giorni interverranno, tra gli altri, Raj Patel (economista britannico, autore de I padroni del cibo), Alice Waters (attivista statunitense, chef e proprietaria dello Chez Panisse) e il fondatore di Slow Food Carlo Petrini, insieme a molti altri esperti e portavoce delle realtà associative.
Terra Madre Giovani – We Feed The Planet si chiuderà martedì 6 sotto i riflettori di Expo quando i delegati sfileranno lungo il Decumano, per arrivare al padiglione Slow Food. È qui che finalmente sarà data a chi produce il cibo che mangiamo, secondo i principi del buono, pulito e giusto, l’attenzione che merita.
Sul sito www.wefeedtheplanet.com è attiva una raccolta fondi per far fronte alle spese di viaggio di coloro che verranno dal Sud del mondo, e l’invito a donare e ad ospitare è rivolto davvero a tutti, per consentire anche a chi sta patendo di più gli squilibri e le iniquità del sistema alimentare di non mancare all’appuntamento.


giovedì 13 agosto 2015

Le Giovani Ricette #33: Tiramisù alle pesche

Tiramisù alla pesche

Ingredienti:
200g di pesche
250g di mascarpone
100g di panna
75g di zucchero
200g di savoiardi
succo di pesca q.b.

Procedimento:
Pulite e tagliate a pezzettini le pesche, aggiungete poi un paio di cucchiai di zucchero (prendendoli da quelli già della ricetta)
Mescolate ora il mascarpone e  lo zucchero rimanente con la panna montata, unite poi le pesche a pezzettini.
Ora iniziamo a montare il tiramisù, bagnate i savoiardi nel succo di pesca e adagiateli in una pirofila, facendo uno strato bello omogeneo.

Stendete uno strato di crema e continuate così fino ad esaurimento degli ingredienti.
Mettete la pirofila in frigorifero per un paio di ore.

Servite il tiramisù con una decorazione di cioccolato, sarà ancora più goloso!
 

lunedì 10 agosto 2015

Dobbiamo continuare a parlare di TTIP - Riscaldamento globale: Obama si ispira all'enciclica - Cheese 2015

Dobbiamo continuare a parlare di TTIP
Fino a un paio di anni fa, pochissime persone avevano sentito parlare del Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) o delle trattative a esso relative. Era un accordo strettamente riservato a politici, economisti e addetti ai lavori. Paradossalmente, è stata proprio questa mancanza di trasparenza ad aver suscitato l’attenzione della società civile e dei media di tutto il mondo, portando al conseguente movimento globale contro il TTIP cui oggi stiamo assistendo.
Negli ultimi mesi, si sono tenute in tutta Europa molte manifestazioni contro il TTIP (e contro altri accordi commerciali), compresa una giornata mondiale lo scorso 18 aprile. Finora 2,3 milioni di persone in tutta Europa hanno firmato la petizione dell’Iniziativa dei cittadini europei (Stop TTIP) per smantellare l’accordo.

Ma cos’è precisamente il TTIP? E perché è così importante?
Il TTIP è un accordo tra gli Stati Uniti e l’Europa che vorrebbe creare la più ampia zona di libero scambio a livello mondiale. Dal momento che la differenza tra le tariffe dell’Unione europea e quelle degli Stati Uniti è già bassa (in media solo il 4%), il punto focale di questo accordo è sui regolamenti, sulle barriere non tariffarie e sulla burocrazia. Sono state sollevate molte preoccupazioni, non solo per la segretezza e la mancanza di trasparenza dei negoziati, ma anche sulle implicazioni di un simile accordo sui vari aspetti della vita quotidiana, dai diritti del lavoro al servizio pubblico fino alla tutela ambientale e alimentare. La Commissione europea ha ripetutamente rassicurato i cittadini sul fatto che l’accordo non comprometterà gli standard e le norme europee. Ma, visto che raggiungere un accordo richiede sempre dei compromessi, come possiamo essere sicuri che il TTIP non comporterà un abbassamento degli standard su entrambe le sponde dell’Atlantico?
Molti ritengono che l’accordo farà anche prevalere gli interessi delle aziende su quelli nazionali, dando nuove possibilità alle società di citare a giudizio i governi. Uno degli aspetti più controversi di questo trattato è probabilmente la Investor-State Dispute Settlement (ISDS – Risoluzione delle controversie tra investitore e Stato), un assetto che potrebbe dare agli investitori stranieri il diritto di citare in giudizio gli Stati in collegi arbitrali privati per provvedimenti che potrebbero danneggiare le loro aspettative di profitto. Ciò consentirebbe, per esempio, a un’azienda di citare in giudizio un governo per aver introdotto requisiti ambientali.
L’8 luglio il Parlamento europeo si è riunito a Strasburgo dove, con 436 voti favorevoli, 241 contrari e 32 astensioni, i deputati hanno approvato una risoluzione sulle loro raccomandazioni per i negoziati della Commissione. Molti hanno interpretato il risultato della votazione come una chiara dimostrazione di sostegno all’accordo da parte del Parlamento. Per quanto riguarda l’ISDS, un compromesso tra i socialisti e il Partito Popolare europeo ha smorzato la gravità della clausola, sebbene non sia cambiato il suo significato principale.
In vista del voto, le firme alla petizione Stop TTIP sono state presentate ai deputati sotto forma di lettera, firmata da 483 organizzazioni, tra cui Slow Food. La lettera fa appello ai membri del Parlamento europeo affinché «prendano in considerazione, nel valutare la propria posizione, la volontà dichiarata di 2,3 milioni di cittadini, e si esprimano dunque a favore di una risoluzione forte che richieda lo stop alle negoziazioni sul TTIP sulla base dell’attuale mandato negoziale». Sembra siano stati ignorati. La società civile ha reagito dichiarando che la votazione ha rappresentato un’occasione mancata per fermare il TTIP, minando la democrazia e le norme sociali e ambientali, e ha aggiunto che il compromesso non ha risolto i fondamentali problemi dell’ISDS.
Nonostante tutto, le trattative sono ancora in corso e la società civile ha ancora un ruolo cruciale da giocare nel processo: è essenziale che siano mantenute forza e resistenza pubblica…


Riscaldamento globale: Obama si ispira all'enciclica


«È un perfetto riassunto, altamente educativo, della situazione in cui si trova il mondo: inquinamento e cambiamento climatico, la questione dell’acqua, la perdita di biodiversità con le conseguenze del deterioramento della qualità della vita umana, il diffondersi dell’iniquità in un mare d’indifferenza e di presunta impotenza». Così Carlo Petrini, nella sua guida alla lettura, introduce l’Enciclica di Papa Francesco.
Da quando è stata resa nota, nel giugno scorso, l’Enciclica Laudato si’ ha riscosso l’approvazione di intellettuali, politici ed ambientalisti di tutto il mondo.
Per Papa Francesco i problemi ambientali sono una vera urgenza. E ora ha un alleato in più. «I cambiamenti climatici non sono un problema per la prossima generazione. Non più», ha dichiarato Barack Obama in un video diffuso dalla pagina Facebook della Casa Bianca. Il Presidente degli Stati Uniti ha voluto, in questo modo, annunciare un nuovo e ambizioso piano per tagliare le emissioni di gas responsabili dell’effetto serra. L’obiettivo che Obama vuole raggiungere, anche in vista dell’appuntamento ONU sull’ambiente del dicembre prossimo, è la chiusura di centinaia di centrali elettriche a carbone e il rapido passaggio alle fonti di energia rinnovabili.
Il piano del Presidente sembra dare una risposta proprio alle preoccupazioni di Papa Francesco: «Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi di cambiamenti climatici. Ma molti sintomi indicano che questi effetti potranno essere sempre peggiori se continuiamo con gli attuali modelli di produzione e di consumo. Perciò è diventato urgente e impellente lo sviluppo di politiche affinché nei prossimi anni l’emissione di anidride carbonica e di altri gas altamente inquinanti si riduca drasticamente, ad esempio, sostituendo i combustibili fossili e sviluppando fonti di energia rinnovabile. Nel mondo c’è un livello esiguo di accesso alle energie pulite e rinnovabili. C’è ancora bisogno di sviluppare tecnologie adeguate di accumulazione. Tuttavia, in alcuni Paesi ci sono stati progressi che cominciano ad essere significativi, benché siano lontani dal raggiungere una proporzione importante. Ci sono stati anche alcuni investimenti in modalità di produzione e di trasporto che consumano meno energia e richiedono minore quantità di materie prime, come pure in modalità di costruzione o ristrutturazione di edifici che ne migliorino l’efficienza energetica. Ma queste buone pratiche sono lontane dal diventare generali».
È importante che siano Paesi sviluppati come gli Stati Uniti a fare il primo passo verso la risoluzione di questo problema, di cui sono la principale causa ma non i più danneggiati. Continua Papa Francesco: «I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità. Gli impatti più pesanti probabilmente ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo. Molti poveri vivono in luoghi particolarmente colpiti da fenomeni connessi al riscaldamento, e i loro mezzi di sostentamento dipendono fortemente dalle riserve naturali e dai cosiddetti servizi dell’ecosistema, come l’agricoltura, la pesca e le risorse forestali. Non hanno altre disponibilità economiche e altre risorse che permettano loro di adattarsi agli impatti climatici o di far fronte a situazioni catastrofiche, e hanno poco accesso a servizi sociali e di tutela».
Tali distinzioni fra Stati, in ogni caso, lasciano il tempo che trovano: «il clima è un bene comune, di tutti e per tutti», esordisce il Papa nell’Enciclica. Questo è, quindi, l’obiettivo di Francesco: far sì che tutti sentano la responsabilità morale di proteggere la Terra in cui viviamo, perché questa è la nostra “casa comune” e perché i problemi ambientali hanno anche implicazioni economiche, sociali e culturali. Bergoglio parla, infatti, di “ecologia integrale”: «Quando parliamo di “ambiente” facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati. Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà. Data l’ampiezza dei cambiamenti, non è più possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema. È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura».


Cheese 2015

Bra (Cn) 18 – 21 settembre

Cheese è una manifestazione a ingresso libero tra le vie e le piazze del centro storico di Bra dove si trovano il Mercato dei Formaggi, la Gran Sala dei Formaggi e l’Enoteca, la Casa e la Piazza della Biodiversità, la Piazza della Pizza, le Cucine di strada e la Piazza della Birra, tanti luoghi di incontro, approfondimento e di benvenuto ai vecchi e futuri soci Slow Food

Venerdì 18

Mercato dei Formaggi: dalle 10 alle 22
Gran Sala dei Formaggi ed Enoteca: dalle 12.30 alle 23
Piazza della Birra: dalle 11 alle 23
Cucine di strada: dalle 11 alle 23
Piazza della Pizza: dalle 11 alle 23

Sabato 19 e domenica 20

Mercato dei Formaggi: dalle 10 alle 22
Gran Sala dei Formaggi ed Enoteca: dalle 11 alle 23
Piazza della Birra: dalle 11 alle 23
Cucine di strada: dalle 11 alle 23
Piazza della Pizza: dalle 11 alle 23

Lunedì 21

Mercato dei Formaggi: dalle 10 alle 20
Gran Sala dei Formaggi ed Enoteca: dalle 11 alle 20
Piazza della Birra: dalle 11 alle 20
Cucine di strada: dalle 11 alle 20
Piazza della Pizza: dalle 11 alle 20

Avvertenze

Sono a pagamento i buoni per la Gran Sala dei Formaggi e l’Enoteca,  i Laboratori del Gusto, gli Appuntamenti a Tavola e i Master of Food. Eventuali disdette (non sono accettate quelle telefoniche) sono rimborsate al 50% solo se pervenute entro il 18 agosto 2015 scrivendo una e-mail a prenotazioni@slowfood.it.
Il termine ultimo per effettuare le prenotazioni è il 14 settembre 2015. Per iscrivervi alle attività pensate per le famiglie consultate le scaricate il modulo apposito nella pagina di riferimento Attività per famiglie. 

Ricorda: se sei socio Slow Food puoi avvalerti dello sconto di 10€ sugli Appuntamenti a Tavola e di 3€ sui Laboratori del Gusto.

Cheese è un evento baby friendly

Durante i giorni dell’evento, presso il Movicentro (Piazza Caduti per la Libertà 14, di fianco alla stazione ferroviaria) viene allestita un’area dedicata ai più piccoli, con una zona fasciatoio, un’area riservata alle mamme per l’allattamento, e una zona morbida per permettere ai bambini di giocare senza rischi.

Per contattarci:

via Mendicità Istruita, 14
12042 Bra (Cuneo), Italia
tel +39 0 172 419611
fax +39 0 172 421293
mail: info@slowfood.it

giovedì 6 agosto 2015

Un mondo di mais

Un mondo di mais

L’uomo è ciò che mangia. Così sosteneva nell’800 il celebre filosofo Ludwig Feuerbach, sottolineando l’unità inscindibile fra psiche e corpo e quanto sia importante il modo in cui ci alimentiamo. Due secoli dopo, Il dilemma dell’onnivoro di Michael Pollan ha ripreso e completato questa affermazione: «Se è vero che siamo quel che mangiamo, allora siamo mais». 

Non è possibile, penseranno in molti, che non consumano regolarmente pop-corn, pannocchie o chicchi di granturco nelle loro insalate. Eppure è vero esattamente il contrario: ovunque viviamo, mangiamo mais diverse volte al giorno; se siamo americani, allora mangiamo quasi esclusivamente mais.

Il mais, infatti, oggi si trova un po’ ovunque: diventa mangime che nutre i vitelli da cui arrivano le bistecche e gli hamburger, il pollo, il maiale, il tacchino, l’agnello e perfino il salmone; sono fatti di mais le uova, i formaggi e gli yogurt; ed è sempre il mais a comparire fra gli ingredienti di molti cibi industriali venduti nei supermercati – bibite zuccherate, biscotti, maionese, patatine, sughi pronti, caramelle – sulle cui etichette di solito compare con nomi insospettabili: glucosio, sciroppo di glucosio, acido ascorbico, acido citrico, malto, maltodestrine, fruttosio cristallizzato, amido modificato, saccarosio...
Il mais è la coltura che più di ogni altra trionfa nei campi e sugli scaffali dei supermercati: cresce rapidamente, dà rese altissime ed è molto versatile.  È il prodotto ideale se l’obiettivo principale consiste nell’aumento della produttività agricola e i numeri parlano chiaramente del suo successo: la produzione mondiale di mais, negli ultimi anni è aumentata del 374%, raggiungendo i 974 milioni di tonnellate nel 2014.

Tipico prodotto delle monocolture industriali, il mais che ritroviamo nei nostri piatti è completamente diverso dalle migliaia di varietà tradizionali di granturco dai chicchi coloratissimi che ancora si coltivano – in quantità irrisorie – nelle sue terre d’origine, il Messico e i paesi andini. Il mais che conosciamo ora ha sempre pannocchie gialle, dello stesso peso e misura, piante tutte della stessa altezza. È un mais ibrido – spesso Ogm –, prodotto con metodi industriali, e ha un grande impatto sull’ambiente oltre che sulla nostra salute.
 
La salute, sì... Il consumo eccessivo di cibi industriali è infatti legato a doppio filo con l’aumento di patologie quali l’obesità e di malattie croniche come il diabete di tipo 2, i tumori, le malattie cardiovascolari. Lo zucchero, in particolare, è il nemico numero uno della salute umana, e il suo sostituto a basso costo arriva proprio dal mais: si tratta dello sciroppo di fruttosio, che negli ultimi 30 anni è diventato la prima fonte di zuccheri del mondo.

lunedì 3 agosto 2015

Land grabbing: finalmente una buona notizia! - Una gita in montagna per gustare e “salvare” i formaggi d’alpeggio - Pianeta orto: aperitivo vegetariano

Land grabbing: finalmente una buona notizia!


Non capita spesso al mattino di aprire le agenzie e leggere notizie belle. Anzi. Metti pure che la cronaca privilegi fatti più cruenti, metti pure che la morbosità di noi lettori ci spinge verso titoli forti. Ma oggi vorremmo catturare la vostra attenzione su una sentenza importante che ci arriva dal tribunale di Popayán (sudest della Colombia), il quale ha stabilito, in prima istanza, la restituzione dei diritti territoriali e commerciali su un terreno di 71.000 ettari abitato storicamente da comunità afrodiscendenti.
La notizia, riportata dall’agenzia Misna va controcorrente rispetto a ai fatti che dominano la cronaca dove tengono banco l’accaparramento selvaggio delle terre con il land grabbing o lo sfruttamento dei lavoratori agricoli. Il terreno in questione che si trova nel dipartimento del Cauca, nella valle disegnata dal fiume Timbiquí «fortemente ambita per la presenza di oro, argento ed altri minerali e sfruttata da attività minerarie, alcune illegali ed altre autorizzate dallo Stato. Macchinari pesanti, draghe e processi chimici di filtrazione, hanno distrutto gran parte del patrimonio naturale e della fauna itticola della valle» (Misna). Nel 2005 scriveva a proposito di questa regione l’antropologo Michel Taussig: “sembra rinnegata da Dio, dove l’Oceano Pacifico penetra in un’area di seicentocinquanta chilometri di paludi di mangrovie e di foreste non battute, dove l’aria si muove appena e la pioggia non cessa mai. Ma è proprio là che gli schiavi africani vennero deportati dai conquistadores spagnoli a ricercare l’oro nelle acque dei fiumi che scendono dalle Ande. Ed è in questo luogo che il presente si fonde al passato, costituendone espressione e prolungamento: il periodo dell’oro sta morendo, mentre quello della cocaina sta nascendo”.

Proprio la cocaina che ha dettato la legge negli ultimi anni. Le terre sono stata infatti coltivate a coca da gruppi armati. Oltre a non lasciare terreni fertili ad altre coltivazioni, i continui scontri armati con le forze dell’ordine hanno provocato l’emigrazione in massa degli abitanti.

«Oltre alla restituzione del territorio alle 11 comunità nere che le abitano da secoli, la sentenza riconosce e protegge i loro diritti. Le 762 famiglie afrodiscendenti della zona sono rappresentate dal Consiglio Comunitario Renacer Negro, che ha ottenuto questa vittoria dopo anni di battaglie legali» (Misna).

fonte:http://www.slowfood.it/land-grabbing-finalmente-una-buona-notizia/

Una gita in montagna per gustare e “salvare” i formaggi d’alpeggio


Il caldo dovrebbe dar tregua questo fine settimana, ma promette di ritornare presto. Perché allora non cercare rifugio in montagna con una gita e approfittarne per andare a scoprire quei gioielli gastronomici che sono i formaggi o i latticini d’alpeggio? In questa stagione gli animali sono portati in altura e si nutrono al pascolo di tutta la ricchezza vegetale che compone i prati d’estate. Un tourbillon di essenze, profumi, gusti, che piacciono agli animali ma che piaceranno anche a noi perché in qualche modo si trasferiscono al formaggio che si ricava dal loro latte, evolvendo, trasformandosi, ma conferendo ai prodotti d’alpeggio realizzati a latte crudo una qualità impareggiabile. Consultate per esempio la grande lista di formaggi tutelati dai Presìdi Slow Food in Italia: ne scoprirete a decine che non sono così lontani da casa vostra e sarà facile e istruttivo fare un piccolo viaggio alla ricerca di questi tesori.
Sono il prodotto di un’agricoltura di montagna che tra tutte è quella che fatica di più, sia in termini di lavoro umano (non è una gita stare in alpeggio, mungere e produrre tutti i giorni), sia in termini di resistenza. Abbandono e incuria non soltanto ci privano progressivamente di ottimi formaggi, ma fanno mancare il fondamentale contributo ecologico che danno i pascoli di montagna, e le bestie che li popolano, a cui si unisce la scomparsa di saper fare umano e culture antichissime. Procurarsi un formaggio d’alpeggio, in queste settimane, non è soltanto un modo per volersi del bene a tavola, ma per voler bene a un settore in crisi, con i suoi eroici operatori, e a tutte le montagne del nostro Paese.

Come se non bastasse, ci si mette la burocrazia: la Commissione Europea ha invitato l’Italia a modificare entro fine luglio la legge che proibisce di produrre formaggi a partire da latte in polvere. Sarebbe un altro colpo durissimo a queste fragili economie agricole, un assist pazzesco per le industrie che omologano senza qualità. Vi invitiamo a firmare, come hanno già fatto più di 130.000 persone, la petizione di Slow Food che si raggiunge da tutti i siti della Chiocciola, compresi quello di Cheese (18-21 settembre a Bra) e quello dello spazio Slow Food a Expo, dove, tra l’altro, i formaggi a latte crudo sono protagonisti assoluti, ogni giorno in degustazione per spiegare il loro inestimabile valore in termini di salvaguardia della biodiversità.

fonte:http://www.slowfood.it/una-gita-in-montagna-per-gustare-e-salvare-i-formaggi-dalpeggio/ 

Pianeta orto: aperitivo vegetariano

Che ne dite di un bell'aperitivo vegetariano sulle mura di Città Alta?

In collaborazione con LORTO, (si esatto proprio gli orti sociali che ci sono appena sotto le mura di città alta!) abbiamo organizzato un banchetto tutto vegetale e decisamente a Km 0, anzi a metro 0!!

Giovedì 6 Agosto alle ore 19.30 presso il CB2015, chiringuito sugli spalti san michele.

€ 8 a persona

consigliata la prenotazione

slowfoodgiovanevo@gmail.com
lorto@coopimpronta.it