giovedì 28 maggio 2015

RicettaPresidio#5 Tirot: ricetta tradizionale

Tirot: ricetta tradizionale

Questo mese la ricetta presidio è la ricetta tradizionale del presidio stesso, perchè il presidio di cui vi abbiamo parlato è una focaccia molto antica, quindi un prodotto trasformato, e non un ingrediente.


Ingredienti:
- 1 Kg di farina di frumento di tipo "0"
- 1 Kg di cipolle gialla
- 250 g di strutto
- olio extravergine di oliva (q.b.)
- 30 g di sale
- 60 g di lievito di birra
- acqua o latte (q.b. in parti uguali)

Preparazione:
- Sbucciare a mano le cipolle a fette sottili e lasciarle riposare per tre ore.
- Quindi mescolate gli ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo e colloso che verrà tirato nella teglia.
- Lasciate riposare fino a completa lievitazione.
- Successivamente mettere l`impasto in forno a 200.C per un quarto d`ora circa


 immagini di: http://acquaementa.com/conosciamo-i-presidi-slow-food-tirot-felonica-mn/

lunedì 25 maggio 2015

Ocean grabbing; il furto legalizzato dei mari - «I nostri bambini riporteranno il cibo al centro della famiglia» Successo per la prima edizione di mercoledì riso - A Milano dal 23 al 31 maggio c'è la World Fair Trade Week!

Ocean grabbing; il furto legalizzato dei mari


Se la Terra è nostra madre non vi è dubbio che lo siano anche mari e oceani, che costituiscono oltre il 70% della superficie del pianeta che ci ospita. 
Una politica di gestione delle risorse marine assolutamente scellerata sta infatti portando il rapporto tra uomo e ambiente acquatico ai minimi storici. L’ocean grabbing (processo di privatizzazione degli oceani e del mercato ittico per ragioni che vanno dall’ecoturismo e dall’estrazione di materiale grezzo, fino alla pesca su larga scala) sta privando enormi moltitudini di pescatori di piccola scala del diritto a utilizzare la risorsa primaria per la loro sussistenza, concentrando le quote di diritti di pesca nelle mani di poche o pochissime compagnie, e nello stesso tempo un modello di cattura tutto votato alla quantità e alla grande scala sta mettendo seriamente a repentaglio gli stock ittici (in particolare di quelle specie commercialmente più appetibili) e la qualità dell’ambiente marino.
Ora, questo quadro a tinte fosche è figlio di una precisa politica di gestione privatistica di un bene che dovrebbe, almeno a rigor di logica, essere gestito come bene comune. Pensando, attenendosi all’unico faro che orienta le nostre politiche non solo alimentari, che il libero mercato sia l’unica via per un futuro luminoso, l’attuale sistema di amministrazione considera a tutti gli effetti le risorse acquatiche un bene commerciale scambiabile, vendibile e privatizzabile, in altri termini potenzialmente esclusivo, nel senso che se io acquisto i diritti di pesca acquisto con essi il diritto a escludere chi questi diritti non li ha potuti acquistare.
Questo approccio miope perde di vista il fatto che gli ambienti marini sono l’habitat e la fonte di sostentamento per comunità umane di milioni di individui, che vengono esclusi dalla sera alla mattina dall’accesso alla fonte del loro cibo. La sovranità alimentare, di cui tutti sembrano essere paladini, non si realizza escludendo dall’accesso alle risorse.
Monetizzare l’accesso alle risorse significa consegnarle alla legge del più forte, e significa decidere l’esclusione della fetta maggioritaria dei pescatori.
 Questo non è libero mercato, è furto deliberato.

Diamo un po di numeri:
In Islanda dieci compagnie controllano il 50% delle quote.
In Cile 127mila pescatori devono dividersi il 10% del mercato mentre 4 grandi aziende detengono il 90% delle concessioni.
In Danimarca le flotte di pescatori tradizionali sono state dimezzate.
In Namibia succursali locali di aziende spagnole detengono il 75% del mercato.
In Sudafrica le Individual Transferable Quotas hanno escluso nel 2005 50mila piccoli pescatori.


«I nostri bambini riporteranno il cibo al centro della famiglia» Successo per la prima edizione di mercoledì riso


Le porte di Expo 2015 si apriranno per la classe IV della scuola elementare Collodi di Treviso, una classe davvero speciale, composta da bambini di 17 nazionalità diverse. Sono loro i vincitori della prima edizione di Mercoledì Riso, che si è conclusa lo scorso 20 maggio alla cascina Torrone della Colombara, a Livorno Ferraris, nel Vercellese. Il progetto ha coinvolto 1895 studenti di 4 Continenti, 180 insegnanti, 103 classi, di 13 Regioni e 32 Province. Gli studenti che hanno partecipato a Mercoledì Riso hanno seguito un percorso didattico curato dai referenti di Acquerello e delle Condotte Slow Food. Tra tutti i lavori presentati, gli autori dei dieci migliori sono stati invitati alla Tenuta Torrone della Colombara di Livorno Ferraris per partecipare alla giornata conclusiva. Tra le selezionate ben due scuole di Orto in Condotta, compresa la vincitrice! [...]

La giornata si è aperta con una conferenza di presentazione del progetto, riservata agli adulti e agli insegnanti. Nel frattempo gli oltre 200 bambini, dopo un percorso didattico condotto dagli insegnanti, hanno ideato un menù a base di riso e le 10 classi finaliste hanno potuto prendere parte alla sfida davanti ai fornelli. A partire dalle 12, la giuria composta da Piero e Maria Nava Rondolino, Carlo Petrini, presidente di Slow Food, Padre Enzo Bianchi, Priore della Comunità monastica di Bose, Valentina De Poli, direttore di Topolino, Luca Mercalli, presidente dell’Associazione nazionale meteorologi, Antonio Carluccio, ambasciatore della cucina italiana in Gran Bretagna e Stefano Maffeo, anima dell’Associazione Arc-en-Cielha, ha assaggiato i piatti finalisti, realizzati in collaborazione con gli allievi dell’Istituto alberghiero di Trino Vercellese.

Le fa eco Carlo Petrini «Oggi la situazione alimentare soffre di ignoranza diffusa e i bambini sono una risorsa per riportare al centro della famiglia l’attenzione per il cibo. Un progetto come Mercoledì riso è prezioso, perché unisce i bambini a un prodotto della terra. Si sta sviluppando un rapporto intergenerazionale tra i nonni, che hanno vissuto il rispetto per la terra, e i bambini, che sono pronti ad acquisirlo. Un rapporto che ci può consentire di recuperare la generazione dei genitori, che ha vissuto l’abbandono della terra, diventando vittima dell’industrializzazione e di un cibo diventato merce».

fonte:http://www.slowfood.it/i-nostri-bambini-riporteranno-il-cibo-al-centro-della-famiglia-successo-per-la-prima-edizione-di-mercoledi-riso/

 

A Milano dal 23 al 31 maggio c'è la

 World Fair Trade Week!  

 
Il movimento mondiale del Commercio Equo e Solidale si dà appuntamento nella città di Expo2015 per portare il suo punto di vista e la propria narrazione su sovranità alimentare, giustiziaambiente e diritti. I veri protagonisti della World Fair Trade Week – che dal 23 fino al 31 di Maggio fa di Milano la capitale mondiale del Fair Trade – sono le persone: produttori del Sud del Mondo, ma anche del domestic fair trade: centinaia tra espositori, ristoratori, ricercatori universitari, piccoli imprenditori, fashion maker dell’economia sociale e solidale attesi da cinque Continenti con le loro storie uniche.
Sono tantissimi gli appuntamenti organizzati in occasione della World Fair Trade Week – dal food alla moda, dai convegni scientifici alle conferenze “politiche”:
- la World Fair Trade Conference dal 24 al 27 Maggio accoglie al Hotel Klima oltre 221 delegati WFTO da 57 Paesi del Mondo; 
- Milano Fair City – prima fiera mondiale del Fair Trade – alla Fabbrica del Vapore di via Procaccini ospita 170 espositori da 30 Paesi e uncalendario di 40 tra incontri e conferenze;
-  Il Fair&Ethical Fashion Show allo Spazio Ex Ansaldo sarà la prima fiera internazionale di moda etica e sostenibile con un ricco programma culturale e 30 espositori da 12 Paesi – prevista tra le altre la premiere italiana di The True Cost docufilm di Andrew Morgan sul mondo della produzione della moda;
-  il Fair Trade Symposium organizzato insieme al Politecnico di Milano dove 70 ricercatori da 12 Paesi si confrontano su 59 paper di studio: l’assemblea annuale di AGICES-Equo Garantito, momento di incontro e confronto tra i protagonisti del settore in Italia; 
- la Milano Fair Cuisine, che dal 16 al 31 Maggio vede gli chef di 26 ristoranti di Milano e d’Italia confrontarsi con gli ingredienti della ‘dispensa etica’ del Fair Trade e proporre serate a tema Fair Trade.

Tutte le informazioni: www.fairtradeweek2015.org

giovedì 21 maggio 2015

Presidio #5: Tiròt di Felonica



Tiròt di Felonica
Il Tiròt è una focaccia tipica da tempo prodotta a Felonica. Il tiròt è un prodotto tanto radicato nel suo territorio che la sganzega, la festa del paese, è interamente dedicata a questa focaccia. Tradizionalmente, era consumato o durante il lavoro nei campi o alla fine della giornata, alla sera, quando le famiglie si riunivano nelle aie delle fattorie.
DOVE: Felonica è l’ultimo comune della bassa mantovana, si trova ad un centinaio di chilometri dal delta del Po, al confine tra Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. 
COME: La tradizione vuole che le donne, di primo mattino, preparino l’impasto a base di farina di grano tenero, cipolla, strutto, un poco di lievito, acqua e sale per poi recarsi ai forni collettivi del paese per la cottura. E dai forni, il profumo intenso ma gradevole di cipolla invade tutte le vie di Felonica.
Il nome tiròt indica il modo di stendere la morbida e soffice pastella che, con abilità, è tirata a mano sulle teglie da forno. 
Tagliata tradizionalmente in forme rettangolari, la focaccia ha colore paglierino carico e dorato e uno spessore di pochi millimetri. 
CARATTERISTICHE:Ciò che la caratterizza però è l’aroma intenso della cipolla, che al palato si presenta dolce ma sapido. 

Per apprezzare al meglio il tiròt, e mantenere l’equilibrio tra croccantezza e morbidezza della pasta è consigliabile consumarlo appena sfornato.

PERCHE': A Felonica, la coltivazione della cipolla risale già al 1800 e, in particolare, la cipolla bionda ha costituito a lungo la fonte maggiore di reddito. Nel secondo dopoguerra la coltivazione della cipolla coinvolgeva tutte le famiglie (bambini, anziani, agricoltori, ma anche operai e impiegati) che affittavano piccoli appezzamenti per integrare i magri stipendi.

Si sono così costruiti magazzini per la lavorazione, è nata una fabbrica per la produzione di cassette di legno, le cipolle erano spedite col treno all’estero, soprattutto in Francia, in Germania e in Svezia. Ma alla fine degli anni ’70 la produzione di cipolla è entrata in crisi (l’ultimo magazzino ha chiuso circa una ventina di anni fa) e, di conseguenza, il tiròt è diventato una produzione limitata, la tradizione familiare man mano si è persa e i forni comuni hanno cessato la loro attività.

STAGIONALITA': Il tiròt è prodotto tutto l'anno.  L’epoca di raccolta della cipolla va da maggio ad agosto per il primo raccolto e da agosto a settembre per la cosiddetta agostana che si conserva anche in inverno.

I PRODUTTORI:

Giovanna Vandini
Felonica (Mn)
Via Garibaldi, 43
tel. 0386 66149

Marco Evangelisti
Felonica (Mn)
Quatrelle
Via Cittadella, 14
tel. 0386 66643

Pro loco Felonica
Felonica (Mn)
tel. 329 6917732
La coltivazione della cipolla avviene
in collaborazione con

Cooperativa il Ponte
Sermide (Mn)
Via F.lli Bandiera, 124
tel. 0386 961399
www.coop-ilponte.org


Referente dei produttori del Presidio
Giorgio Lanzoni
tel. 329 6917732
alessandrabonafini@alice.it

Responsabile Slow Food del Presidio
Massimo Truzzi
Tel. 0376 550364
massimo.truzzi@slowfoodbassomantovano.it

lunedì 18 maggio 2015

Consumo di suolo: a che punto siamo? - Lingua Madre: premio speciale Slow Food - Erbe del casaro 2015

Consumo di suolo: a che punto siamo?


Il suolo svolge una funzione essenziale per la nostra vita. Ma troppo spesso lo calpestiamo, non solo fisicamente, senza renderci conto che così facendo si innesca un processo che a cascata coinvolge moltissimi ambiti della nostra vita.


Secondo diversi studi un suolo in condizioni naturali, insieme alla biosfera fornisce al genere umano i servizi ecosistemici necessari al proprio sostentamento:
  • servizi di approvvigionamento (prodotti alimentari,…)
  • servizi di regolazione (regolazione del clima, cattura e stoccaggio del carbonio, regolazione della qualità dell’acqua, protezione e mitigazione dei fenomeni idrologici estremi, etc.);
  • servizi di supporto (decomposizione e mineralizzazione di materia organica, habitat delle specie, riserva genetica, conservazione della biodiversità, etc.);
  • servizi culturali (servizi ricreativi e culturali, paesaggio, patrimonio naturale, etc.).
Guardando il suolo anche da questa angolatura i dati presentati nella ricerca dell’Ispra sono ancora più drammatici. 

Il consumo di suolo in Italia, si legge nella relazione, continua a crescere in modo significativo, pur segnando un rallentamento negli ultimi anni: tra il 2008 e il 2013 il fenomeno ha riguardato mediamente 55 ettari al giorno, con una velocità compresa tra i 6 e i 7 metri quadrati di territorio che, nell’ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo. 
Diverse sono le tipologie di copertura artificiali del suolo: 
  • tra queste le infrastrutture di trasporto rappresentano circa il 41% del totale del suolo consumato. Il contributo più significativo viene dalle strade asfaltate (10% in ambito urbano, 11,6% in ambito rurale e 2,9% in ambito naturale) e dalle strade sterrate (15,5%, prevalentemente in aree agricole). 
  • Le aree coperte da edifici costituiscono il 30% del totale del suolo consumato e si collocano prevalentemente in aree urbane a bassa densità (11,5%) e in ambito rurale (11,1%). Gli edifici in zone residenziali compatte rappresentano solo il 2,5% del totale del suolo consumato 


Questo fenomeno ha inciso prevalentemente sulle aree agricole: tra il 2008 e il 2010 il consumo di suolo ha colpito per quasi il 60% le aree coltivate (seminativo in particolare) e il 19% a scapito di aree naturali.
«Da più parti è maturata la consapevolezza che la difesa del suolo è una priorità che deve emergere nelle scelte politiche globali che non sono solo quelle che riguardano il mondo dell’urbanistica ma anche le politiche agricole e la tutela della biodiversità. In un momento dove anche il DDL in discussione alla Camera si trova in un ennesimo passaggio difficile, dobbiamo riuscire a rompere la barriera della coscienza collettiva, sensibilizzando nelle scelte quotidiane di ciò che si acquista in cibo perché dietro ad ogni prodotto c’è un paesaggio da tutelare, un suolo da rispettare. Dai dati emersi dallo studio sul Consumo del territorio in Italia del 2015 dell’Ispra emerge quanto sia centrale per la tutela del suolo la visione di un’agricoltura rispettosa e lungimirante come quella che Slow Food incoraggia da sempre e sembra che almeno da oggi urbanisti, ricercatori, architetti abbiano capito la necessità di includere in maniera più ampia il rispetto per la Mare Terra» afferma Francesca Rocchi, vicepresidente di Slow Food Italia.

la relazione Ispra scaricabile dal sito http://www.isprambiente.gov.it)


Lingua Madre: premio speciale Slow Food



«Traslata dall’arabo all’italiano, catapultata telefonicamente da un continente all’altro, che sapore ha la morte? Tornavo da una serata fra amici in zona Ostiense la notte che, a Zouk Mkayel, morì Téta.
La notizia arrivò l’indomani via cellulare, Libano-Italia in un secondo: ricordo la spossatezza di quelle ore, il silenzio sospeso, l’estraneità surreale, ma non ricordo dolore. Non subito.
Ricordo quelle quattro lettere impresse in pancia come se si trattasse di un nome proprio, senza necessità di tradurle: Téta. Téta, sei andata via e il freezer conserva ancora memoria dei cibi che hai cucinato e impacchettato per me».
Questo l’incipit del racconto che ha permesso a Leyla Khalil (Libano) di vincere la X edizione del Premio Speciale Slow Food che premia le storie ispirate ai temi legati al cibo e alla sua produzione.
Il premio fa parte del Concorso letterario nazionale Lingua Madre, ideato da Daniela Finocchi e organizzato dalla Regione Piemonte e dal Salone Internazionale del Libro di Torino.
Questo concorso è il primo a essere espressamente dedicato alle donne straniere – anche di seconda o terza generazione – residenti in Italia che, utilizzando la nuova lingua d’arrivo, vogliono approfondire il rapporto fra identità e radici dei loro paesi attraverso la scrittura.
Rappresenta un importante strumento che da voce a chi non sempre ha la possibilità di esprimersi (vuoi la condizione d’immigranti, vuoi anche l’essere donne), ma anche un ponte che unisce diverse culture creando un rapporto di complicità e collaborazione tra figure femminili diverse, che poi così diverse non sono.
Ricordi congelati di Leyla è stato premiato per «La profondità dei temi trattati: morte, cibo e lingua madre. La memoria di Tèta, la nonna della protagonista, è conservata nel freezer, sotto forma dei mille cibi che Tèta congelava. Nel racconto emerge la difficoltà della comunicazione in lingue diverse, dove i nipoti hanno perso, per la più parte, il contatto con la loro lingua madre e non possono che esprimere queste memorie per tentativi ed errori. Lo stile è maturo, incisivo. Il racconto potente».
Il racconto sarà pubblicato nell’antologia Lingua Madre Duemilaquindici. Racconti di donne straniere in Italia


Erbe del casaro 2015


Nei weekend  dal 23 maggio al 2 giugno in alta Val Brembana si terrà la VI edizione di Erbe del Casaro, la rassegna dedicata alle erbe spontanee e ai formaggi tipici della Val Brembana...accompagnati dai pregiati vini della bergamasca.

La rassegna è suddivisa appunto in 3 appuntamenti:
23-24 maggio:Formaggi di...vini e C'era una volta dove vi segnaliamo il percorso eno-gastornomico nella degustazione di prodotti caseari della Val Bremabana ad Averara.
30-31 maggio:Le buone erbe spontanee e Happy casaro dove vi segnaliamo un escursione alla scoperta delle erbe spontanee insieme alla dottoressa Marilisa Molinari fitopatologa di ERSAF lombardia a Ornica.
1-2 giugno: Benessere con le erbe e Percorso gastronomico "alla scoperta degli antichi sapori" dove vi segnaliamo l'evento "Aperi-film Resistenza Naturale" a Santa Brigida.

Lasciatevi in oltre stuzzicare dai menù creati appositamente per la rassegna.

Informazioni sulla rassegna e il programma completo: http://www.erbedelcasaro.it/
Informazioni sull'evento della condotta Slow Food Valli Orobiche "Aperi-film Resistenza Naturale:http://www.slowfoodvalliorobiche.it/?p=18394

giovedì 14 maggio 2015

Le Giovani Ricette #30: Pasticcio filante di patate

Pasticcio filante di patate

La Patata, un tubero che nel passato era considerato il cibo delle streghe per la particolarità di crescere sotto terra e non da fiori su alberi, ora è di uso super comune!
La si può mangiare lessa, fritta, impastellata, lavorata e trasformata in gnocchi, ma volendo la si può usare anche come generatore di elettricità o per decorare abiti e capelli come faceva Maria Antonietta!.
Ne esistono di molte varietà, ma la più costosa e rara è la Bonnotte, che viene coltivata sull'isola francese di Noirmountier in solo 10 giorni dell'anno e costa circa 400 dollari al chilo.


Ingredienti:

patate: 1kg
pomodori maturi: 3
cipolla: 1
mozzarella: 1
olio: q.b.
sale: q.b.

Procedimeto:

Pulite bene le patate e fatele lessare in acqua bollente, una volta morbide nel cuore, scolatele e sbucciatele e fatele raffreddare.
Tagliate poi la cipolla e fatela rosolare in un filo d'olio; lavate e tagliate poi i pomodori in pezzetti e uniteli alla cipolla in padella e fateli cuocere per qualche minuto.
Tagliate ora grossolanamente le patete e unitele al composto di cipolle e pomodori, aggiungete un pizzico di sale e fate saltare il tutto in padella ancora un paio di minuti per insaporire.


Oliate un cassaruola e versatevi il composto della padella, ricoprite poi il tutto con la mozzarella tagliata a dadini o a fette.


Mettete in forno a 200° per 20m circa (la mozzarella deve essere ben sciolta).

Buona Appetito!


lunedì 11 maggio 2015

Un giorno senza fame: la visione di Expo dei Popoli - Food truck mania - Biodiversi, l’ultimo libro di Carlo Petrini e Stefano Mancuso in anteprima al Salone del Libro

Un giorno senza fame: la visione di Expo dei Popoli
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Se io facessi il fornaio, vorrei cuocere il pane
così grande da sfamare tutta, tutta la gente
che non ha da mangiare.
Un pane più grande del sole, dorato, profumato come le viole.
Un pane così verrebbero a mangiarlo dall’India e dal Chili
i poveri, i bambini, i vecchietti e gli uccellini.
Sarà una data da studiare a memoria: un giorno senza fame!
Il più bel giorno di tutta la storia.
(Gianni Rodari)
Cascina Triulza e Expo dei Popoli sono fra le prime realtà che abbiamo presentato nello spazio di Slow Food a Expo, nell’ambito della programmazione dello Slow Food Theater.

La prima, come molti sapranno, rappresenta la società civile nell’ambito del sito espositivo e il 3 maggio ha voluto aprire ufficialmente le porte incontrando oggi i 62 fondatori, i partecipanti al programma culturale e i principali partner sostenitori del progetto. Con Sergio Silvotti, presidente della Fondazione Triulza, torneremo a parlare sabato alle 18, per capire come questo padiglione arriverà a svolgere la funzione di hub di riferimento per le reti locali e internazionali della società civile.
Expo dei Popoli, invece, è un network internazionale che, da oltre tre anni sta proponendo soluzioni concrete e una visione condivisa su come nutrire il pianeta in futuro. L’obiettivo principale di Expo dei Popoli consiste nell’affiancare le altre voci (quelle dei popoli, appunto) a quelle dei governi e delle imprese transnazionali, e il suo orizzonte, in questo 2015, è sia italiano sia soprattutto internazionale. Giosuè De Salvo, coordinatore del progetto, fa infatti riferimento ai due grandi appuntamenti dell’Onu: l’Agenda di Sviluppo post-2015 a settembre a New York, e l’Accordo globale contro il cambiamento climatico a dicembre a Parigi. Nell’anno di Expo, l’Italia diventa una fondamentale tappa di avvicinamento a questi eventi, e dal 3 al 5 giugno, con il Forum internazionale della società civile e dei movimenti contadini, a cui parteciperanno 150 delegati dai cinque continenti, a Milano sarà possibile prenderne pienamente coscienza.
Qual è la risposta politica di Expo dei popoli? Da cosa dipende il “nutrire il pianeta” nel prossimo futuro? 
«Partiamo da una considerazione» dice De Salvo, «qui a Expo, come del resto anche altrove, si avverte un duplice vuoto. Da una parte mancano le voci dei contadini, dei pastori, dei pescatori, che invece sono la spina dorsale del pianeta. Dall’altra manca un’analisi politica ai problemi della fame e della povertà. E tale analisi politica si fa riconoscendo tutte le concentrazioni di potere che sono presenti sulla filiera agroalimentare dal campo al piatto. Una serie impressionante di monopoli e cartelli che hanno generati una vera e propria urgenza democratica legata la cibo e ai diritti umani collegati: nutrizione adeguata, accesso alla terra, all acqua, alle sementi, per dire i principali. La risposta di Expo dei Popoli – com’è delineata nel nostro Manifesto – sta nella sovranità alimentare e nella giustizia ambientale come veri e propri progetti politici di cambiamento dei sistemi alimentari ma anche della società nel suo complesso».
Food Truck mania!
camugin
Food truck è ormai diventata una parola di uso comune. L’immagine del baracchino unto e folcloristico fuori dallo stadio è stata surclassata dalla figura di giovani imprenditori attenti alle tradizioni gastronomiche e alle materie prime che servono deliziosi e invitanti spuntini.
Così, anche nelle piazze italiane e nel corso di manifestazioni, iniziano vedersi le prime Ape e i primi furgoncini adibiti a cucine mobili.
Se volessimo descriverli in due parole, potremmo definirli così: cibo di qualità servito da mezzi dal design vintage.
Il fenomeno cresce a vista d’occhio e a Slow Fish non potevamo che tentarvi anche con queste prelibatezze.
Siete pronti al leccarvi i baffi?
per scoprire tutti i Food Truck vai al link: http://www.slowfood.it/food-truck-mania/

Biodiversi, l’ultimo libro di Carlo Petrini e Stefano Mancuso in anteprima al Salone del Libro


L’associazione della chiocciola vi aspetta allo stand animato da Slow Food Editore (pad 2 stand K09) con le moltissime novità da scoprire e sfogliare.
Presentato in occasione dell’evento torinese il nuovo lavoro del professore Stefano Mancuso e Carlo Petrini: Biodiversi.
Dal loro dialogo nascono nuove idee per mettere il cibo e l’agricoltura al centro di un progetto di difesa dell’umanità.
Fitto anche il programma durante la manifestazione internazionale. Sabato 16 l’appuntamento con Slow Food è nell’area Cookbook, dove alle ore 21c’è Bevr’ in vin, per scoprire le tradizioni culinarie mantovane.
Gilberto Venturini, autore di molti volumi della collana Scuola di Cucina Slow Food (Giunti Editore e Slow Food Editore) prepara gli agnolini in brodo, tipico piatto dei giorni di festa. Con lui Bianca Minerdo, curatrice della collana Scuola di Cucina Slow Food e dei ricettari In cucina con Slow Food.
Due gli appuntamenti con Carlo Petrini: si comincia venerdì 15 alle 19,30, quando in Sala Azzurra Petrini e Serge Latouche parlano di Usa e getta.
Le follie dell’obsolescenza programmata, scritto dall’economista francese. Gli oggetti messi in vendita oggi hanno una fragilità calcolata, tanto che la durata della garanzia coincide spesso con la loro vita effettiva. Impossibile ripararli. Le conseguenze di tale truffa generalizzata ai danni dei consumatori sono pesantissime in termini di rifiuti prodotti, di risorse naturali sprecate e guerre per l’accaparramento delle materie prime. Sabato alle ore 21 in Sala Blu, nella sezione Grandi Ospiti, Carlo Petrini partecipa alla conferenza Un’ecologia dal volto umano. La custodia integrale del creato.

venerdì 8 maggio 2015

Come scegliere il pesce

COME SCEGLIERE IL PESCE



Per la nostra rubrica A Tavola Con NOI, cioė come comprare e consumare in modo Buono, Pulito e Giusto, oggi ci occupiamo di:
COME SCEGLIERE IL PESCE

Siamo vicini a Slow Fish l'evento Slow Food dedicato interamente al pesce e non possiamo che introdurre uno dei tantissimi temi che si discuteranno dal 14 al 17 maggio a Genova: come scegliere il pesce.

Come mai bisogna fare attenzione a quali pesci mangiare? Mangiare più pesce non è forse il consiglio numero uno di ogni dietologo?


Il problema è che per conformismo, moda o semplice pigrizia, mangiamo sempre gli stessi pesci. Il risultato è che diverse specie, ad esempio il tonno rosso e il salmone selvatico, sono ormai a rischio di estinzione.
D’altronde anche la maggior parte degli allevamenti ittici comporta diversi problemi per l’ambiente, e dunque l’acquisto di pesce allevato (a meno di orientarsi su vongole, cozze, ostriche o prodotti di allevamenti biologici) non rappresenta una valida alternativa. 
La soluzione non è smettere di mangiare pesce. Basta scegliere le specie meno conosciute, dei mari più vicini a noi, altrettanto buone ma senza controindicazioni. 
Se impariamo a rispettare poche semplici regole (rispettare la taglia minima;
 rispettare la stagionalità non consumando una specie nella sua stagione riproduttiva; variare le scelte imparando nomi e ricette di pesci “dimenticati”), possiamo continuare a godere del cibo che il mare può offrire.
Come con frutta e verdura, e tutto il cibo in generale, scegliere pesce locale e di stagione è dunque la soluzione migliore per godere al meglio del cibo senza compromettere l’ambiente.
Mangiare bene oggi, senza pregiudicarci la possibilità di continuare a farlo domani, insomma.

Pazienza, dunque. E buon appetito. Saranno queste le nostre armi migliori.

DA NON MANGIARE:
Salmone;
Tonno rosso;
Gamberi tropicali allevati;
Pesce spada;
Datteri di mare;
Bianchetti.
ATTENZIONE A:
Cernia bruna;
Merluzzo.

Clicca qui per vedere il calendario del mediterraneo

per saperne di più di Slow Fish clicca qui: slow fish


lunedì 4 maggio 2015

TTIP, il tribunale sul libero scambio tra Usa e Ue bocciato dai cittadini europei - Potrebbero scomparire le banane? - Il calendario degli eventi Slow Food ad Expo 2015

TTIP, il tribunale sul libero scambio tra Usa e Ue bocciato dai cittadini europei

Il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), l’accordo di libero scambio che Europa e Stati Uniti stanno trattando da mesi, rappresenta più un opportunità per l’export italiano ed europeo, o il rischio della perdita di sovranità dei singoli stati nazionali e dell’Europa stessa? 

Tra gli innumerevoli aspetti dell’accordo, che potrebbe verosimilmente vedere la luce agli inizi del 2016, uno dei più dibattuti è quello relativo all’ISDS (Investor-to-State Dispute Settlement), un meccanismo di arbitrato che andrebbe a creare una sorta di tribunale internazionale per decidere eventuali dispute tra investitori e governi nazionali, anche in conseguenza dell’introduzione di nuove norme.


Il punto è stato così controverso da essere bocciato nel gennaio del 2015 da una consultazione online promossa dalla Commissione Europea. Una consultazione cui hanno preso parte oltre 150 mila cittadini europei, di cui solo poche centinaia dall’Italia, che ha sottolineato i timori che un simile meccanismo, dopo l’allineamento delle normative tra Europa e Stati Uniti, impedirebbe ai governi europei di introdurre nuove regole, anche in materie particolarmente “sensibili” come la salute o la sicurezza alimentare. Timori rinnovati solo una settimana fa, quando migliaia di manifestanti sono scesi nelle principali piazze di tutta Europa contro l’accordo nel suo complesso. «La consultazione mostra chiaramente un diffuso scetticismo contro lo strumento ISDS», aveva commentato a caldo la commissaria UE al commercio Cecilia Malmström.
Il capitolo ISDS è stato tra i punti focali dell’ultima sessione di trattative sul negoziato, che si è tenuta a New York nei giorni scorsi. Sempre l’ISDS è ancora oggi al centro di una consistente parte del dibattito sul TTIP anche nel Parlamento Europeo. In questa sede, l’ago della bilancia potrebbe essere il gruppo dei Socialisti & Democratici (S&D), anch’esso (dopo la consultazione e le proteste) divenuto piuttosto polarizzato al suo interno tra sostenitori e oppositori. Tra i primi, la consistente delegazione Italiana, allineata alla posizione fortemente pro TTIP del governo Renzi. Tra i secondi, gran parte della delegazione tedesca e quella francese.


Potrebbero scomparire le banane?


L’anno scorso la Fao ha lanciato un allarme: la diffusione di un fungo potrebbe compromettere l’85% della produzione mondiale di banane. Ma che significa? Potrebbero scomparire le banane? Come è possibile?

È possibile perché il mercato mondiale è dominato da una sola varietà, la Cavendish, la banana dolce, morbida e dalla buccia gialla che tutti conosciamo. E perché i sistemi uniformi sono vulnerabili, incapaci di adattarsi agli imprevisti: a un cambiamento climatico, a un nuovo parassita, a un fungo… 
Nel mondo esistono tante altre varietà di banane – lunghe e sottili, corte e tozze, gialle, rosse, arancioni, verdi, perfino blu – ma nessuno le conosce, perché il mercato globale ha bisogno di un prodotto standard, in enormi quantità e capace di sopportare lunghissimi viaggi, per essere disponibile ovunque, in qualsiasi stagione, a prezzi contenuti
E l’agricoltura si adatta a queste esigenze: la coltivazione delle banane destinate all'esportazione si concentra così su un’unica tipologia, coltivata in America Latina (principalmente Ecuador) in immensi latifondi (anche di 5000 ettari), con dosi massicce di pesticidi, fungicidi e fertilizzanti chimici di sintesi (i fungicidi sono spruzzati anche 40-50 volte l’anno). Nei campi lavorano coltivatori molto poveri, spesso sottopagati e sottoposti a condizioni di lavoro durissime. I caschi di banane – raccolti ancora acerbi – sono caricati su navi frigorifero (bananiere) e, quando arrivano nei porti di destinazione, sono stoccati in celle di maturazione, dove la buccia (grazie all'uso di etilene) passa dal verde al tipico colore giallo acceso. In questo modo viene programmata artificialmente la maturazione e la distribuzione dei frutti.
Questo caso è emblematico di come il mercato globale abbia influenzato l’agricoltura e di come 
l’agricoltura – trasformata in un’industria sempre più efficiente – abbia dimenticato il delicato equilibrio fra terra, piante, animali e uomini, e abbia relegato ai margini la biodiversità.
In settant’anni (ovvero nell’epoca dell’agricoltura industriale, nata negli anni Cinquanta), abbiamo perso in questo modo il 75% delle varietà vegetali che erano state domesticate e selezionate dai contadini nei precedenti diecimila anni.
Quando si estingue una varietà vegetale o una razza animale, è perduta per sempre. E con lei abbiamo perso genetiche importanti (che potrebbero essere utili in futuro per difendere animali e colture da attacchi imprevisti, ad esempio), ma anche un patrimonio culturale, economico e sociale inestimabile. Le razze e le varietà locali sono strettamente legate al territorio e alle comunità, stanno all’interno di particolari paesaggi rurali, sono il frutto di specifiche tecniche di allevamento, coltivazione, trasformazione: una razza bovina, ad esempio, significa cura dei pascoli di montagna, significa latte, burro e formaggi, significa artigianato e a volte perfino architettura (come quella degli antichi calecc, i ricoveri in pietra dove si produce il Bitto storico, in Valtellina). E significa economia: tutela del territorio, turismo, mercato locale…
Per questo Slow Food, da oltre 20 anni, si impegna per raccogliere e catalogare questo patrimonio (attraverso l’Arca del Gusto) e promuove i Presìdi, progetti in difesa delle varietà e delle razze locali, ma anche dei prodotti trasformati (formaggi, salumi, pani, dolci) nati dalla creatività dell’uomo per conservare le materie prime.
E per questo la risposta di Slow Food alla domanda di Expo “Come è possibile nutrire il pianeta?” parte proprio dalla biodiversità. Tutelare la biodiversità significa, infatti, rispettare le diversità dei territori, dei saperi, delle culture. Significa coltivare tante cose diverse, ma in piccola scala. Significa produrre di meno, ma dare più valore a ciò che si produce e non sprecare. Significa mangiare soprattutto cibo locale. Significa promuovere un sistema in equilibrio, durevole, sostenibile. Significa tutelare i contadini, i pescatori e i pastori che conoscono il fragile equilibrio della natura e operano in armonia con gli ecosistemi.
Senza la biodiversità non è possibile parlare di agricoltura sostenibile, di sovranità alimentare e, dunque, di accesso a un cibo buono, pulito e giusto per tutti.
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